Dalla piazza della chiesa di Pomonte, attraverso un vicolo lastricato, si arriva sulla strada che passa nella parte alta del paese. Da qui, camminando in direzione della valle, si trova il sentiero sulla sinistra, nei pressi di una grande lastra di granito; questa è ricoperta per larghi tratti di Opuntia, detta anche fico d'India, una cactacea di origini americane ben adattata nelle nostre regioni, e di mesembriantemo (Mesembryanthemum acinaformis), anch'essa pianta non originaria del mediterraneo, ma ormai naturalizzata nelle isole dove compare, soprattutto nel periodo maggio-giugno, con spettacolari fioriture color fucsia.
La prima parte del sentiero (segnavia C.A.I. n. 4) rappresenta l'antica via di collegamento tra Pomonte ed il paese di Marciana. Percorrendolo, si oltrepassa in breve tempo il quartiere abitato, inoltrandosi subito tra le rocce granitiche ed i vecchi coltivi.
I terrazzamenti, anche se abbandonati da anni, sono una presenza costante di questo paesaggio arido ed assolato; proprio per questo la vegetazione spontanea è poco sviluppata ed è costituita essenzialmente da piccoli arbusti, come il cisto marino (Cistus monspeliensis), il lentisco (Pistacia lentiscus) e l'immancabile ginestra odorosa (Spartiumjunceum).
I muretti di sostegno, rigorosamente "a secco", sono ancora visibili. Il fondo pedonale della mulattiera è ben percorribile, almeno in questa prima parte: si trovano ancora degli ampi tratti costituiti dall' originaria pavimentazione in ciotoli e lastre di granito, queste ultime intervallate da gradoni e da rudimentali ma opportuni "bastorovesci" che permettono lo scorrimento delle acque piovane fino agli affluenti naturali e proteggono nel contempo l'integrità della stradella e l'equilibrio idrogeologico della montagna.
In circa 30 minuti di cammino, si arriva nei pressi di una splendida terrazza naturale dalla quale è possibile ammirare, a sud-est, la valle di Pomonte in tutta la sua estensione, fino a raggiungere con lo sguardo le cime del monte Capanne.
Man mano che si sale la vegetazione riprende vigore, forse perchè i coltivi a terrazza, sempre presenti fin sopra i 400 m di quota, sono abbandonati da più tempo, o forse perchè la parte più alta della valle è stata sovente risparmiata dagli incendi.
Il sentiero prosegue a gradoni, tagliando dolcemente il susseguirsi delle curve di livello, talvolta formando dei tornanti, comunque mai ripidi. L'antica strada che conduceva a Marciana e alle alte terre del vino si adagia sulle pendici della montagna (ben diversa dai nastri di cemento che oggi straziano le colline e le montagne, tagliando senza rispetto qualsiasi dirupo e qualsivoglia pendenza): antica sapienza contadina, ma anche antica cultura di montagna, da ricercarsi probabilmente nell'alba dei tempi, quando queste cime erano popolate dalle tribù subappenniniche ed etrusche.
Il cono del San Bartolomeo domina la valle e, imponente, accompagna i viaggiatori per l'intero percorso. Intorno ai suoi anfratti rocciosi, vola maestosa la poiana (Buteo buteo) in cerca di uccelli e piccoli mammiferi da predare. Anche il corvo imperiale (Corvus corax) ed il piccolo gheppio (Palco tinnunculus) sono frequentatori di queste montagne e non sarà difficile scorgerli librarsi nel cielo con le loro inconfondibili ed affascinanti evoluzioni aeree.
Nella tarda primavera la cicadella (Philaenus spumarius) invade la gariga di cisto; attraversando quest'ultima, può capitare di sfiorare la curiosa formazione di schiuma che il minuscolo insetto produce: rassicuratevi, sia la cicadella che la sua schiuma sono veramente innoque.
Un altro abitante familiare ai contadini di queste zone è la vipera (Vipera aspis): non la si troverà molto facilmente sul nostro cammino, ma è bene tenere gli occhi ben aperti sul sentiero e sui muri a secco. Il periodo migliore per l'osservazione di questo splendido ed ingiustamente perseguitato rettile va da aprile a settembre.
Si risale il sentiero per circa un'ora e mezzo, prima di arrivare nei pressi di un vecchio magazzino a circa 400 metri di quota, e da qui, in pochi minuti, si raggiunge un bivio. Bisogna proseguire a sinistra, ovvero in direzione sud-ovest, sul sentiero (C.A.I. n. 3).
Qui il sentiero segue un' ampia curva di livello sul versante sud del colle; la vegetazione si arricchisce di specie fortemente adattate, come nel caso della ginestra desoleana (Genista desoleana), una leguminosa con foglie aghiformi che ritroviamo all'Isola, un po' ovunque, sopra i 400 metri, in forma di cuscinetti adagiati al suolo, quasi a volersi proteggere dai forti venti di quota.
In circa 15 minuti di cammino dal bivio, si raggiunge un passo, attraversato il quale ci si ritrova sul versante nord del colle, con una splendida vista sulla valle di Chiessi e sul braccio di mare che divide l'Elba dalla Corsica. Una breve sosta al muro della chiesa romanica di San Bartolomeo è senz'altro consigliabile; ciò che resta del luogo di culto (che forse, ancor prima di esser tale, era una tra le tante cime fortificate dalle locali popolazioni etrusche) si trova indicato sulla sinistra del sentiero, poco dopo l'inizio della discesa verso Chiessi.
La discesa verso il paese è breve, ma il fondo pedonale è decisamente sconnesso e deve essere percorso con qualche cautela. Sul versante nord, la vegetazione è arbustiva ma più sviluppata, grazie al contatto con correnti più fresche: così la gariga di cisto marino e ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius), lascia ben presto il posto ad una macchia ben più rigogliosa di scopa (Erica arborea), leccio (Quercus ilex) e cor-bezzolo (Arbutus unedo).
Giunti a Chiessi, occorrono circa 2 km di strada asfaltata (percorribili a piedi in 20 minuti) per ritornare a Pomonte.
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